IL PRETORE Con ricorso depositato il 27 ottobre 1989 Stella Monica, premesso di avere lavorato alle dipendenze della impresa di pulizie G.A.M.B.A. dal 5 aprile al 29 dicembre 1988, con contratto individuale a tempo parziale nel quale la distribuzione dell'orario di lavoro era effettuata nei seguenti termini: "svolgera' la sua opera durante gli orari stabiliti dalla direzione nel limite complessivo di effettivo lavoro settimanale pari ad ore venti", ha chiesto al pretore del lavoro di Firenze di dichiarare la nullita' del contratto di lavoro a tempo parziale 5 aprile 1988 per mancata specificazione della distribuzione e dislocazione delle ore di lavoro da prestare in ciascun giorno, con condanna del datore di lavoro a pagere L. 5.613.965 a titolo di istituti contrattuali per un rapporto a tempo normale. Ha inoltre fatto presente di avere effettuato, oltre l'orario seguito giornalmente, ulteriori prestazioni variabili in diversi orari della giornata, per il numero di ore complessivo risultante dalle buste paga, sicche' le modalita' concrete della prestazione lavorativa integrano una messa a disposizione delle energie lavorative analoga a quella del rapporto a tempo normale (secondo la tematica di precedenti pronunce di merito: pret Firenze 27 maggio 1989, n. 577, est. Drago, in Toscana Lavoro giur. 1989, n. 365). Ritualmente costituita, la S.p.a. G.A.M.B.A. ha eccepito che le ore ulteriori, oltre le venti settimanali pattuite, sono state lavorate queli ore supplementari, come consentito dall'art. 5, quarto comma, della legge 19 dicembre 1984, n. 863, e dall'accordo nazionale 13 settembre 1985 tra Confapi e le tre federazioni Filcams-Cgil, Fit- Cisl, Uilt-Uil, nonche' dall'accorto integrativo regionale imprese di pulizia 5 novembre 1985. Chiedeva respingersi il ricorso e, in via riconvenzionale, dichiararsi legittimo e vincolante tra le parti il punto quattro dell'accordo individuale di lavoro 5 aprile 1988 secondo cui le ore di lavoro tra le venti e le quaranta settimanali sono da considerare supplementari e da retribuire senza maggiorazione alcuna. Istruita con prova documentale e testimoniale, la difesa della ricorrente ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5, quarto comma, della legge 19 dicembre 1984, n. 863, nella parte in cui non prevede, nel caso in cui sussista la nullita' del contratto a tempo parziale per mancata indicazione della distribuzione dell'orario, il diritto del lavoratore a percepire la normale retribuzione contrattuale a tempo pieno. Il pretore, con la presente ordinanza, ritiene la questione non manifestante infondata, ed osserva. L'art. 5, secondo comma, della legge 19 dicembre 1984, n. 863, dispone: "Il contratto di lavoro a tempo parziale deve stipularsi per iscritto. In esso devono essere indicate .... la distribuzione dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all'anno ....". L'interpretazione istituzionale di tale norma, impersonata dalle denunce della Corte di legittimita', come tali costituenti diritto vivente (Corte costituzionale, da ultima sentenza 5 aprile 1991, n. 142) si puo' articolare nelle seguenti proposizioni: a) il contratto di lavoro a tempo parziale ha in comune con il normale contratto a tempo pieno la causa giuridica (e cioe' lo scambio lavoro-retribuzione) differenziandosene solo per la riduzione quantitativa della presentazoine lavorativa, che viene collocata in un determinato orario, reputato dalle parti come il piu' rispondente ai propri interessi, in ragione della finalita' della norma, che e' quella di incrementare l'occupazione mediante l'acquisizione al mercato del lavoro di quei lavoratori disponibili solo per orari limitati e determinati; ne consegue, sul piano funzionale, che non e' ammissibile una modifica unilaterale dell'orario stabilito (Cass. 21 aprile 1986, n. 2797, in Riv. it. dir. lav. 1986, II, 732; (Cass. 22 marzo 1990, n. 2382, in Giust. civ. 1990, I, 1474); b) sul piano genetico, tuttavia, e' possibile adottare sia formule rigide, recanti l'indicazione sia delle quantita' che della collocazione temporale della prestazione, sia formule elastiche, con le quali le parti si limitano a determinare la durata del periodo lavorativo senza specificarne la collocazione nell'unita' di tempo immediatamente piu' ampia (Cass. 2382/1990 cit.). Sicche', per stare alla fattispecie risolta da tale pronuncia, non e' consentito al datore di lavoro di trasferire al pomeriggio una prestazione part- time che da tempo i lavoratori svolgeranno al mattino, ma sarebbe consentito pattuire una presentazione di quattro ore al giorno, o, come nella presente fattispecie, di venti ore settimanali, senza ulteriore specificazione circa la collocazione temporale; c) la forma scritta e' richiesta ad substantiam, ma la sua mancanza non produce altro effetto che quello derivante dalla nullita' del contratto ex art. 2126 del codice civile (Cass. 11 luglio 1989, n. 3266, in Dir. prat. lav. 1989, 35, 2369; in Foro it. 1990, I, 1320; in Giust. civ. 1989, I, 2283; Cass. 11 agosto 1990, n. 8169, in Dir. lav. 1990, II, 358; Cass. 3 maggio 1991, n. 4811). Il pretore dubita che la norma, quale risulta da tale apparato interpretativo, sia conforme, in tutte le sue enunciazioni, ai principi costituzionali di cui agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, per due rilievi principali: 1) se e' vero che "il rapporto di lavoro a tempo parziale, in dipendenza della riduzione quantitativa della presentazione lavorativa e, correlativamente, della retribuzione, lascia al prestatore d'opera spazio per altre eventuali attivita', la cui programmabilita' deve essere salvaguardata, anche all'ovvio fine di percepire, con piu' rapporti a tempo parziale, una retribuzione complessiva sufficiente a realizzare un'esistenza libera e dignitosa" (Cass. 2392/1990 cit.; Cass. 25 febbraio 1988, n. 2027), appare contraddittorio cosentire, nel momento genetico, alla parti di attribuire al datore di lavoro un potere unilaterale di determinazione e di variazione dell'orario confliggente con la lettera e la finalita' della norma che, suscettibile di rendere impossibili altre attivita' lavorative, confligge non solo con l'art. 36, ma anche con l'art. 38 della Costituzione, stante la minor incidenza del tempo parziale sui riflessi previdenziali e pensionistici; 2) la forma scritta o solenne e' richiesta dall'ordinamento in determinati casi, a sottolineare l'importanza dell'atto, in ragione del suo oggetto o contenuto (artt. 1350 e 1503 del codice civile. in materia immobiliare), o del valore sociale (artt. 162 e 167 in materia di convenzioni matrimoniali; 484, 519 e 1543 in materia testamentaria ed ereditaria), o del carattere pluripersonale dell'accordo (artt. 14, 918, 2328, 2475, 2498, 2504 e 2518, in materia associativa, consortile e societaria), o, infine, a tutela del contraente ritenuto piu' debole (art. 1284 sugli interessi convenzionali superiori al tasso legale). Le prescrizioni laburistiche richiedenti la forma scritta trovano la propria giustificazione in quest'ultima motivazione, che costituisce la ragione d'essere del diritto del lavoro e della sua specialita' ed autonomia rispetto al diritto civile, in cui pur s'iscrive, ma i cui canoni non possono essere integralmente applicati alla nostra materia: art. 2096 sul patto di prova, art. 2125 sul patto di non concorrenza, art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230, sul contratto a termine, artt. 3, nono comma, della legge n. 863/1984 e 8, settimo comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, sul contratto di formazione e lavoro, art. 5 della legge n. 863/1984 in esame sul contratto a tempo parziale. Il vizio di forma ad substantiam produce normale la nullita' dell'atto o della singola clausola cui afferisce, e la mancanza degli effetti collegati alla parte affetta da nullita' (artt. 1418, secondo comma, 1325, n. 4); ma l'ordionamento si preoccupa di salvare limitati effetti, o dando rilievo alla volonta' comune residua delle parti (art. 1419, primo comma, art. 1424 del codice civile) o sostituendovi di diritto norme imperative (art. 1419, secondo comma, art. 1339; ad es. 1284, terzo comma, sulla costituzione di diritto della misura legale alla puttuizione su interessi maggiori priva della forma scritta). Nel diritto del lavoro, nella quale la quaestio voltatis si pone nei termini problematici derivanti dalla funzione tutoria insita nella specialita' di tale ramo del diritto, il legislatore ha adottato, a seconda dei casi, in modo articolato, una delle tecniche menzionate, disciplinando espressamente gli effetti della nullita', oppure no, in modo da raggiungere in ogni caso l'obiettivo di tutela in funzione del quale e' stata prescritta la forma solenne. Cosi' il patto di prova orale o successivo all'assunzione, nulla disponendo l'art. 2096 sugli effetti della nullita', tamquat non esset, e il rapporto di lavoro nasce privo di tale clausola limitativa, e quindi come normale rapporto di lavoro a tempo indeterminato (Cass. 20 agosto 1987, n. 6982). L'art. 2125 viceversa dispone espressamente la nullita' della durata del patto di non concorrenza per la parte eventualmente eccedente il limite di legge. L'art. 2126 sancisce l'inefficacia della nullita' del contratto sulle prestazioni rese. L'art. 1, terzo comma, della legge n. 230/1962 cit. sancisce l'inefficacia del termine non risultante da atto scritto, e la conseguente prosecuzione del rapporto a tempo indeterminato, a tutela dell'interesse del lavoratore, comunemente sussistente, al carattere definitivo del rapporto (Cass. 28 gennaio 1987, n. 832, in Foro it.1988, I, 3051). L'art. 8, settimo comma, della legge n. 407/1990 cit. dispone in mancanza di forma scritta del contratto di formazione e lavoro il lavoratore si intende assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Tali ultime disposizioni paiono ispirate ad una presunzione di interesse del lavoratore al rapporto a tempo indeterminato puro (non potendosi escludere in fatto un interesse del lavoratore al tempo definito, cosi' come al tempo parziale) che legittima quella tesi che vede nel rapporto di lavoro a tempo pieno e a tempo indeterminato la forma normale di collaborazione subordinata (trib. Firenze 12 maggio 1988, n. 182, in Toscana Lavoro giur. 1988, 637; idem 5 novembre 1988 in Riv. it. dir. lav. 1989, II, 465); nonche' ispirate altresi' ad un valore confirmatario della norma e sanzionatorio della sua inosservanza mediante la trasformazione del rapporto, da tempo determinato, o da formazione e lavoro, in tempo indefinito. Tale funzione sanzionatoria e' lessicalmente piu' evidente nella disposizione di cui all'art. 3 nono comma, stessa legge n. 863/1984 in questione, secondo cui "In caso di inosservanza da parte del datore di lavoro degli obblighi del contratto di formazione e lavoro, il contratto stesso si considera a tempo indeterminato fin dalla data dell'instaurazione del relativo rapporto". Dovendosi invece l'art. 5 della legge n. 863/1984 intendere, secondo il diritto vivente, nel senso che la mancanza della forma scritta produce il solo effetto dell'obbligo di retribuire le prestazioni di fatto rese ex art. 2126 del codice civile, ne deriva una irrazionale contradditorieta' tra voluntas legis di tutela del lavoratore part-time ex artt. 3, 36 e 38 della Costituzione e funzione pratica di tutta la normazione sul tempo parziale, perche' la norma non regola piu' il conflitto di interessi tra le parti, in funzione tutoria di quella piu' debole, ma pone il lavoratore a tempo parziale, il cui contratto sia nullo per vizio di forma, alla totale merce' del datore di lavoro, il che costituisce lesione dei principi costituzionali menzionati (ove infatti il lavoratore facesse rilevare la nullita', e manifestasse o notificasse al datore la sua intenzione o volonta' di proseguire a lavorare, a tempo parziale o a tempo pieno che sia - tribunale di Firenze 12 maggio 1988, n. 182, cit. - il datore di lavoro potrebbe porre fine immediatamente alla prestazione lavorativa di fatto, priva di valido atto genetico). La questione proposta appare pertanto rilevante in causa, rispetto alla domanda formulata di condanna al pagamento della retribuzione corrispondente ad un normale rapporto a tempo pieno, e non manifestamente infondata, ex art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della diversa coerenza di tutela conseguente alla violazione di precetti a presidio di situazioni analoghe, di pari gravita', e parimenti fornite della faranzia della forma solenne, ed ex artt. 36 e 38 della Costituzione per il venir meno della garanzia retributiva e previdenziale per fatto esclusivo del datore di lavoro. Piu' precisamente l'art. 5, secondo comma, della legge 19 dicembre 1984, n. 863, sembra confliggere con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione sotto due profili: in quanto non specifica la necessita' che la distribuzione dell'orario sia precisata, oltre che rispetto al giorno, alla settimana, al mese ed all'anno, altresi' nella sua collocazione temporale nell'ambito della giornata; in quanto non disciplina gli effetti della mancanza della forma scritta, o della mancanza o insufficiente formulazione della clausola di distribuzione dell'orario, da ritenere equivalente a mancanza di forma scritta, nel senso che in tal caso il rapporto si deve intendere a tempo pieno e a tempo indeterminato. Ne' pare ostare a tale ordine di considarazione la preoccupazione dell'indebito arricchimento che il lavoratore, che abbia lavorato a tempo parziale, riceverebbe dalla conversione a posteriori del rapporto a tempo pieno, sia perche' il valore deterrente di una chiara disposizione in tal senso eviterebbe il verificarsi di siffatte situazioni, sia perche' il valore sanzionatorio di disposizioni similari puo' comportare effeti di tal genere (come nel caso dell'art. 3, nono comma, della legge n. 863/1984 menzionato, in cui il datore di lavoro inadempiente ha gli obblighi pieni di un rapporto a tempo indeterminato a fronte di un sinallagma originario a tempo limitato e di una prestazione presuntivamente ridotta dalla esigenza di formazione).